Intervista a Raffaele Gaito: imprenditore digitale, Growth hacker e blogger

Personaggio di successo in rete con più di 20.000 follower su Facebook e quasi 14.000 su Twitter. Raffaele Gaito comincia come programmatore per poi scoprirsi anche imprenditore digitale. Oltre a scrivere sul proprio blog, collabora con importanti testate online e partecipa in qualità di speaker a eventi nazionali e non solo, nel campo dell’innovazione digitale. È un esperto di growth hacking, autore di “Growth Hacker, Mindset e strumenti per far crescere il tuo business” e lavora come consulente per startup e aziende. Abbiamo voluto incontrarlo per conoscerlo meglio, fare due chiacchere sul suo lavoro e farci dare qualche consiglio.

Ciao Raffaele. Ti ringrazio per averci concesso un po’ del tuo tempo per questa intervista. Hai così tante cose fra le mani, devi essere una persona molto impegnata.

Ciao e grazie a te dell’ospitalità. Mi piace tenermi impegnato, ma il tempo per una chiacchierata interessante lo trovo sempre 😉

Nel tuo sito hai scritto che in America saresti definito un product guy. Spiegaci un po’ cosa intendi e di cosa ti occupi nel tuo lavoro.

R: È una definizione molto generica che racchiude tutte le persone che hanno il focus sul prodotto dalla A alla Z. Se da un lato abbiamo i programmatori che sono verticali sugli aspetti tecnici e non hanno idea di come fare un lancio, dall’altro abbiamo i marketer che ne sanno a pacchi di strategia ma svengono davanti a una riga di codice. I product guy si pongono nel mezzo riuscendo ad avere una visione a 360° della cosa. In alcuni casi questa figura è un vero e proprio Product Manager o similari, mentre in altri (come nel mio caso) si astrae un pochino, va più nella direzione strategica e diventa un Growth Hacker a tutti gli effetti.

Cosa pensi della scena italiana delle startup?

R: Penso che siamo cresciuti tanto rispetto a quando ho iniziato io (nel 2011 o giù di li), ma a un certo punto abbiamo tirato il freno a mano. Ad oggi stiamo gareggiando con il freno a mano tirato. Mi spiego meglio: a mio avviso abbiamo colmato il gap della fase iniziale, ma non degli step successivi. Oggi riesci facilmente a lavorare su un prototipo e a prendere un seed interessante per validare la tua idea, ma se poi devi scalare seriamente e hai bisogno di qualche milione, allora la cosa si complica. Senza contare il fatto che le exit In Italia sono una rarità. Finché le big company nostrane non si decideranno a comprare startup, il “meccanismo” sarà sempre mancante di qualche ingranaggio.

Hai avuto modo di notare delle differenze con la situazione in altri Paesi?

Sì, ma qui si rischia di cadere troppo facilmente nei cliché e nelle banalizzazioni. Vivo in Inghilterra e durante il 2016 ho vissuto in Olanda. In più sono stato in giro tra Francia, Spagna e USA e le differenze sono abissali. Non più solo rispetto agli Stati Uniti, ma anche rispetto ai nostri “cugini” europei.

Quali consigli dai a chi intende mettere in pratica per la prima volta la propria idea di business?

Non buttare tempo e soldi a costruire un prodotto per anni. Parti dal presupposto che a nessuno frega niente del tuo prodotto e devi dimostrare il contrario. Lavora su un MVP e poi concentrati sulla validazione! Stop.

Che impatto ha avuto e ha il digitale nel tuo lavoro?

Io mangio pane e digitale a colazione 🙂
Scherzi a parte, l’impatto è enorme considerando che tutti gli aspetti del mio lavoro sono legati al digitale. I miei progetti personali sono tutti online e, inoltre, vivendo all’estero ma lavorando con l’Italia anche la gestione dei processi è al 100% digitale. Tutto da remoto e tutto online!

Credi che il digitale possa aiutare i giovani imprenditori a emergere?

Certo che sì! Viviamo in un’epoca dove realizzare un prodotto è facilissimo e inoltre abbiamo un accesso alle informazioni mai visto prima. Se combini queste due cose ottieni una ricetta incredibile. Hai la possibilità di imparare tanto, testare tanto e fallire tanto, mantenendo i costi bassi, a volte quasi nulli. Direi che meglio di così, si muore!

In che modo il growth hacking può essere utile alle giovani startup e PMI con fondi limitati?

Come cerco sempre di far capire ai miei interlocutori, il Growth Hacking non è qualcosa confinato alle startup. Nasce in quell’ambiente per ovvi motivi (scarsità di risorse, tempo e soldi), ma poi è stato abbracciato in pieno da aziende di ogni tipo e ogni dimensione. Diciamo che, nello specifico, le startup e le PMI possono sfruttare un approccio Growth Hacking per muoversi in maniera lean sia sugli aspetti di prodotto che di marketing. Perché poi alla fine è di questo che si tratta: un processo che punta all’ottimizzazione estrema da tutti i punti di vista, non solo sul marketing.

Che trend prevedi nel futuro del digitale e dell’innovazione?

R: Questa è una domanda a cui è sempre difficile rispondere. Sono una persona che legge molto e che si tiene abbastanza informata su entrambi i temi, ma raramente mi lancio in previsioni.
Diciamo che dalle cose che leggo in giro, ossia dalle previsioni altrui, credo che ci siano due filoni interessanti: quello realtà virtuale/realtà aumentata e quello intelligenza artificiale/machine learning. Che se poi vogliamo dirla tutta, non sono il futuro ma il presente. Gli ultimi annunci di aziende come Facebook e Snapchat e le ultime affermazioni di esperti come Bill Gates e Elon Musk ci dovrebbero far capire quanto questi trend siano già parte integrante del nostro quotidiano.

Un’ultima domanda prima di concludere: come vanno gli allenamenti per diventare Batman?

Bene, per adesso 13.

Raffaele, grazie mille per aver scambiato quattro chiacchere con noi e per i tuoi consigli. Un in bocca al lupo inoltre per tutti i tuoi progetti!

R: Grazie a voi per gli interessanti spunti di riflessione!

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Simone Catania

Mi occupo di comunicazione e marketing digitale per il dominio .SRL dedicato alle Srl italiane e scrivo su news.srl di innovazione e digitalizzazione per le aziende.

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