Cybervetting: la controversa pratica dei recruiter dell’era digitale

Chi non cerca informazioni dell’azienda per cui si invia una candidatura di lavoro? Allo stesso modo nell’era delle piattaforme di comunicazione digitale, anche le aziende sfruttano Internet per ottenere un informazioni che vanno al di là del curriculum del candidato. Si tratta della discussa pratica del cybervetting o anche online vetting, che ancora una volta conferma la pervasività dei social e delle informazioni che ci lasciamo su Internet.

Cos’è il Cybervetting?

Il cybervetting è la pratica di utilizzare le informazioni trovate su Internet, in particolare su piattaforme e social network, per valutare e determinare se un candidato sia adatto o meno per una determinata posizione lavorativa. Sebbene questa pratica sia costantemente associata all’invasione della privacy e possa persino sembrare illegale, in realtà è perfettamente valida. Non di rado infatti viene perfino reso noto ai candidati che la pratica è parte integrante del processo di assunzione. Il cybervetting preoccupa e indigna i candidati, eppure questa pratica sta guadagnando tanta popolarità tra le aziende. Ciò è dimostrato da un sondaggio di CareerBuilding, secondo il quale il 70% dei datori di lavoro utilizza i social network per valutare i possibili candidati. Un ulteriore dato curioso è la reperibilità online del candidato: se non è presente una presenza online, le possibilità che il candidato non venga invitato per un colloquio scendono al 57%.

In che modo i datori di lavoro utilizzano il cybervetting?

Questa pratica consente ai datori di lavoro di filtrare i candidati in modo diverso prima del colloquio. Il cybervetting aiuta i datori di lavoro a verificare se la personalità del candidato corrisponde al profilo ricercato dall’azienda, a ottenere informazioni sulle tendenze comportamentali del candidato su Internet, nonché a trovare altre informazioni che possono essere significative ai fini della selezione. Grazie a questo strumento, le aziende puntano a trovare candidati con una maggiore compatibilità per una relazione azienda-dipendente più duratura. Grazie a relazioni più soddisfacenti, le aziende riescono a ridurre i costi associati a costanti cambiamenti di personale.

Cosa tener conto nel praticare il cybervetting?

Poiché è molto semplice oltrepassare gli scopi reali di questa pratica, i datori di lavoro devono assicurarsi di attuare una politica di cybervetting rispettosa di determinati parametri. Uno su tutti, è importante sottolineare che la decisione finale su un candidato non dovrebbe essere presa solo ed esclusivamente sulla base del cybervetting. Inoltre, una valutazione in cui ci si basa anche su dettagli rientranti nella sfera privata come sessualità, etnica, religione o disabilità sono categoricamente da escludere. Tutte le informazioni acquisite tramite social che potrebbero dare un’impressione negativa di un candidato, devono essere verificate dando al candidato l’opportunità di esprimere il proprio punto di vista.

Una pratica discussa ma utile per le aziende

Il cybervetting è per la sua natura “invadente” una pratica che genera molte polemiche, poiché coinvolge la privacy dei candidati. Vale la pena esplorare con responsabilità questa tecnica che può apportare informazioni rilevanti ai fini della selezione di un candidato. Alla luce di ciò, se la tua azienda e il team di risorse umane sono pronti a utilizzare il cybervetting con parametri ben chiari, questo strumento può essere di aiuto nel processo di selezione per entrare in contatto con persone che possono realmente apporteranno un valore aggiunto alla tua azienda.

 

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Stephanie Ospina

Amo appassionare i lettori tramite lo storytelling. Come redattrice online voglio aiutare le aziende a conoscere e sfruttare le possibilità offerte dalla trasformazione digitale.

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